musica per matrimonio Lecce


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organo in chiesa

L'attuale panorama della musica liturgica, specie in Italia, vede alternarsi nel ruolo di chi "suona a Messa" insegnanti diplomati o semplici dilettanti, su organi antichi e moderni, o su sintetizzatori di vario genere volti ad imitarne il suono, da semplici tastiere elettroniche fino a strumenti dotati di una vera e propria consolle con più manuali e pedaliera.
L'approccio di ogni musicista alla liturgia è quanto di più personale esista, come è giusto che sia nel momento in cui si entra in comunicazione con una realtà trascendente: questo vale per tutti coloro che, a vario titolo, ne sono attori, compreso il celebrante. Non essendo possibile dare una valutazione su questo aspetto del singolo organista, si tenga in ogni caso presente il concetto di "servizio liturgico" sottolineato in "Inter sollicitudines" (23). Suonare nella liturgia è prima di tutto preghiera, in particolare far pregare: chi possiede le capacità per lodare il Signore con uno strumento musicale è depositario di un'infinita ricchezza, che è chiamato a mettere a servizio della Chiesa.
La situazione più frequente in cui ci si può venire a trovare è quella di sostenere il canto di un solista, di un'assemblea, di un coro. Caratteristica peculiare dell'organo è la capacità di tenuta del suono, che nei secoli ne ha fatto insostituibile aiuto all'accompagnamento del canto.
Questo servizio, apparentemente semplice, è svolto con metodologie molto differenti: si va da chi conosce sommariamente quanto enunciato nelle prime pagine dei "canzonieri", con le sigle dei principali accordi, a chi scrive di suo pugno complesse partiture, preludi e interludi. In generale è necessario, ma non sufficiente, che l'accompagnamento di un canto, di un ritornello, di un versetto, sia un adeguato sostegno armonico alla melodia. Un buon accompagnamento dovrà allo stesso tempo sostenere l'armonia, essere di ausilio all'assemblea per la melodia e l'andamento del brano, "suggerire" l'attacco successivo, "respirare" insieme al fraseggio. Tutto ciò in attuazione dei documenti della Chiesa ("Inter sollicitudines", 16, 18).
Tuttavia l'apporto dell'organo è ancor più utile se si considera la vastità di risorse dinamiche e timbriche che mette a disposizione. L'accompagnamento è la base su cui poggia l'edificio del canto, recitano molti manuali di musica moderna. Non si tratta di un concetto completamente sbagliato: un accompagnamento troppo esile renderà difficoltoso, per l'assemblea o il coro, mantenere intonazione e tempo, mentre un accompagnamento di eccessiva potenza sonora finirebbe con l'annullare ogni altra fonte di emissione di suono nell'ambiente. L'esperienza di ciascun organista, e la sua familiarità con lo strumento e l'ambiente, dovrebbero suggerire i limiti dinamici entro i quali muoversi. In generale, occorre tenere presente la piramide degli armonici che formano il "ripieno": Principale da 8 piedi, Ottava da 4 piedi, Decimaquinta da 2 piedi e così via. Man mano che si dovesse rendere necessario dare più "corpo" al suono, interverranno ulteriori "fondi": Flauti, Bordoni, o registri quali Eufonio e Corno di camoscio. In un simile utilizzo "basilare" delle risorse timbriche di ciascuno strumento, sarà possibile adattarsi a diverse situazioni rituali. L'uso del pedale, anche solo in raddoppio alla parte più grave della mano sinistra, sarà inoltre ulteriormente funzionale al sostegno dell'armonia, soprattutto in ambienti vasti, con adeguati registri da 16 e 8 piedi, e l'unione alle tastiere.
Il "passo successivo" a questi semplici cenni è un utilizzo più "creativo" di queste grandi potenzialità, sulla base della collocazione di un brano, o della sua struttura. Senza fatica si può individuare infatti la differenza tra un Kyrie e un Gloria, che può essere adeguatamente espressa con un uso intelligente dei registri, dalle sfumature discrete dei Flauti alle sonorità vivaci di armonici più acuti, alle mutazioni, o, se l'occasione lo giustifica, le ance per dichiarare la gloria di Dio e la sua maestà. La minore o maggiore presenza di comandi a disposizione dell'esecutore (comandi manuali dei registri, "combinazioni" o altri artifizi, presenza di più manuali) sarà chiaramente di grande ausilio, oltre che di stimolo. La presenza, inoltre, nel repertorio liturgico italiano, di molti brani in forma responsoriale, o che alternano ritornello e strofa, suggerisce l'alternanza di almeno due sonorità distinte. La presenza poi di diversi solisti potrebbe stimolare ulteriormente l'organista ad operare piccole variazioni timbriche. Questo è chiaramente da rapportare al tipo di strumento che si viene ad usare: il panorama italiano vede i piccoli organi positivi con ottava corta, gli ottocenteschi più o meno variamente "riformati", i "ceciliani" ricchi di fondi e viole, i recenti strumenti più eclettici, oppure le copie di organi antichi, fino agli elettronici.
Se però qualunque organista si sentirà dire che suona "troppo forte" o "troppo piano", le problematiche legate ad un buon accompagnamento non si limitano al "volume": suonare solo ad accordi, in modo "statico", non permetterà di intuire pause e fraseggi, mentre eseguire passaggi troppo complessi e articolati potrebbe rendere troppo "rigida" la struttura del brano, soprattutto in un contesto come quello liturgico, in cui non sempre c'è da parte di tutti la competenza, o semplicemente l'orecchio, per eseguire tutto a perfezione. Una buona regola potrebbe essere quella di affidarsi ad una buona armonizzazione, o, se le conoscenze lo permettono, di eseguirne una propria; sarà poi l'esperienza a far sì che questa possa essere arricchita con fioriture o variazioni adatte: spesso è sufficiente eseguire alcuni semplici passaggi per introdurre un attacco, o sottolineare una pausa, e migliorare il brano nel suo complesso agevolandone l'esecuzione da parte di tutti.


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